Il problema della residenza temporanea ai fini del congedo per l'assistenza a portatori di handicap per gravi e documentati motivi famigliari
L’art.42 del d.Lgs. n.151/2001, riconosce il beneficio per i dipendenti di richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, per l’assistenza ai portatori di handicap grave.
L’impianto normativo individua nel concetto di “convivenza” il presupposto per l’attribuzione del beneficio, sul quale l’INPS e il Dipartimento della funzione pubblica si sono espressi al fine di chiarirne il concetto, in particolare:
- il Dipartimento della funzione pubblica, con circolare n.1 del 3/02/2012, ha precisato che il “diritto al congedo è subordinato ... alla sussistenza della convivenza. Il requisito è provato dagli aventi diritto mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, ..., dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia alla coabitazione”. Una eccezione è prevista per l’ipotesi in cui la dimora abituale non coincida con la dimora temporanea: “il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art.32 del d.P.R. n.223/1989 ...”;
- l’INPS con circolare n.159/2013, ha precisato altresì, che il requisito della convivenza, sarà accertato d’ufficio previa indicazione da parte dell’interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica, ovvero l’eventuale dimora temporanea ex art.32 d.P.R. 223/1989, ove diversa dalla dimora abituale (residenza) del dipendente.
Ne deriva che il dipendente non può accedere al beneficio, o eventualmente vi decade, ogniqualvolta emerga, in sede di verifica, una discrepanza tra residenza effettiva e quella dichiarata o, in alternativa, l’assenza dell’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea.
La circolare della Funzione Pubblica n.1 del 3.2.2012, così come la Circolare dell'INPS n.159/2013 (così come quella precedente n.32/2012), forniscono chiarimenti in merito alla modifiche di cui al d.Lgs. 119/2011 (art.3, c.1 lettera a, ed art4, c.1 lett. B del d.Lgs. n°119/2011) ma si tratta di disposizioni che riguardano esclusivamente il riconoscimento del diritto di congedo per assistenza a familiare con handicap grave, ma non hanno (ne peraltro poteva essere diversamente) minimamente intaccato la normativa e le procedure anagrafiche.
Il riferimento contenuto nelle suddette circolari all'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea, in termini strettamente anagrafici non può che essere riferito alla situazione in cui un cittadino residente in un comune si trovi a dover trascorrere un periodo di tempo, superiore a quattro mesi ma inferiore all'anno, in un comune diverso da quello di dimora abituale per assistere appunto un familiare disabile.
L'istituto anagrafico dello schedario della popolazione temporanea, come disciplinato dall'art. 8 della Legge Anagrafica n. 1228/1954 e dall'art. 32 del Regolamento Anagrafico n. 223/1989, risponde infatti essenzialmente alla finalità della regolare gestione dell'anagrafe della popolazione residente, costituendo lo strumento giuridico più efficace al controllo e al monitoraggio di categorie di soggetti che ai fini anagrafici si trovano in posizione particolari, le c.d. "posizioni che non comportano l'iscrizione anagrafica" quali per esempio:
- le persone temporaneamente dimoranti in altri comuni o all'estero per l'esercizio di occupazioni stagionali o per cause di durata limitata (es. studio) (art. 3 del D.P.R. 223/1989);
- il personale diplomatico e consolare straniero, nonché il personale straniero da esso dipendente (art. 2, comma 2 L. 1228/1954);
- i militari di leva, i pubblici dipendenti e i militari di carriera, distaccati presso scuole per frequentare corsi di avanzamento o di perfezionamento (art. 3 del D.P.R. 223/1989);
- i ricoverati in luoghi di cura, di qualsiasi natura, qualora la permanenza nel comune non superi i due anni (art. 3 del D.P.R. 223/1989);
- i detenuti in attesa di giudizio (art. 3 del D.P.R. 223/1989).
L'utilizzo dello schedario della popolazione temporanea consente infatti di evitare che tali categorie di persone, che maturano nel frattempo il requisito della dimora abituale, sfuggano alla successiva registrazione anagrafica.
Rimane il fatto che l'ufficiale d'anagrafe non deve gestire l'anagrafe in funzione delle "conseguenze" che certe iscrizioni o non iscrizioni possono determinare; purtroppo sull'iscrizione o non iscrizione anagrafica si fondano una miriade di benefici, ma non per questo tale circostanza deve condizionare l'operato dell'ufficiale d'anagrafe. Detto in altri termini, se l'applicazione delle norme anagrafiche determina disparità di trattamento rispetto alle norme pensionistiche, fiscali, assistenziali, ecc., non per questo l'ufficiale deve lasciarsi condizionare nella corretta gestione dell'anagrafe.
In sintesi: l'istituto dello schedario della popolazione temporanea non è applicabile ai casi di trasferimento temporaneo della residenza presso un parente, per motivi di assistenza quando si tratti di trasferimenti all'interno dello stesso comune.