Certificare
Dal latino certum-facere, rendere certo. Ma cosa rendiamo certo? Si certifica una verità di atto, non una verità assoluta:
se si certifica che Tizio è nato il 1° gennaio 1999, si certifica perché esiste un atto che lo attesta;
se ad una certa data si certifica che Caio è di stato libero, lo si può fare anche se si è sposato il giorno prima e il suo atto di matrimonio non sia stato ancora redatto;
se si certifica che un cittadino straniero ha 3 figli lo si può fare solo se i figli sono registrati all'anagrafe come tali, in quanto è stata presentata documentazione che lo attesta.
In tutti questi casi la certificazione è corretta in quanto riporta quanto contenuto nei relativi atti o registri, anche se tali dati non corrispondono più alla realtà.
Tuttavia, l’art. 1 lett. f del d.P.R. 445/2000 afferma che il certificato è “il documento rilasciato da una amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione o partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche”.
I registri, gli atti, la documentazione cartacea sono pertanto la fonte primaria, ma l’ultima condizione, quel “comunque accertati”, lascia spazio ad un certo margine di manovra da parte del pubblico ufficiale: se questi viene per caso a conoscenza di uno stato, di un fatto, oppure si ha qualche dubbio sull’effettiva correttezza di un atto o di un registro, è ovviamente doveroso che siano attivate delle verifiche.
La decertificazione: un po' di storia
Al di là del certificato ufficiale, però, ci sono stati molti interventi del Legislatore per ridurre al minimo la necessità di emettere documenti che comprovino la verità di uno stato o di un evento.
- 1957 - “L’amministrazione non può richiedere al privato atti o certificati concernenti fatti o circostanze che risultino attestati in documenti già in possesso o che essa stessa sia tenuta a certificare.” (d.P.R. 678/57, art. 2, c. 2).
- 1968 - “Le singole amministrazioni non possono richiedere atti o certificati concernenti fatti, stati e qualità personali che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che esse stesse siano tenute a certificare.” (L. 15/68, art. 10).
- 1990 - “Gli atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria di un procedimento, sono acquisti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni.” (L. 241/90, art. 18).
- 2000 - Il D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” ha regolato l’autocertificazione.
La decertificazione dal 2012
A seguito della entrata in vigore della legge di stabilità (L. 183/2011), dal 1° gennaio 2012, agli uffici pubblici è vietato rilasciare certificati per provare stati, fatti e qualità personali da esibire ad altre pubbliche amministrazioni ed ai privati gestori di pubblici servizi (art. 40, d.P.R. n. 445/2000).
Pertanto i cittadini, nei rapporti con gli organi della Pubblica Amministrazione e i gestori di pubblici servizi, NON POTRANNO UTILIZZARE CERTIFICATI (che avranno valore giuridico solo se utilizzati nei rapporti con altri privati) e si assumeranno l’onere della prova amministrativa di stati, fatti e qualità personali tramite dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio (art. 47 d.P.R. n. 445/2000) o di certificazioni (art. 46).
Ciò significa non solo che non si potrà più chiedere al privato cittadino di recarsi all’ufficio anagrafe per ottenere un certificato da produrre ad un altro ufficio pubblico o ad un gestore di servizio pubblico, ma significa anche che non potranno neppure essere chiesti certificati direttamente all’ufficio anagrafe.
Se le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi lo faranno, otterranno un documento non valido e quindi nullo, o quanto meno , inefficace.
La differenza con la normativa introdotta nel 2011 con la Legge n.183, è stata che prima le modalità erano alternative: o si accettava un certificato o si chiedeva d’ufficio. Oggi Pubbliche Amministrazioni e gestori di pubblici servizi NON POSSONO accettare certificati, possono solamente operare d’ufficio, e comportamenti non coerenti con tali disposizioni rappresentano delle violazioni dei doveri d'ufficio ai sensi dell'art.74 del d.P.R. n.445/2000).
La violazione dei doveri d'ufficio costituisce certamente comportamento sanzionabile dal punto di vista disciplinare.
Inoltre, vi possono essere anche aspetti di rilevanza penale, giacchè la violazione dei doveri d'ufficio, così come configurata dall'articolo 72, comma 2, del testo unico appare illecito penale ai sensi dell'articolo 328, comma 2, del codice penale.
Le certificazioni rilasciate dagli Uffici Anagrafici potranno essere richieste nell’ambito dei rapporti con soggetti privati (banche, imprese, assicurazioni, società sportive, etc.) ma anche in questi casi sarà possibile far valere l’autocertificazione.
Sulle certificazioni amministrative da produrre ai soggetti privati sarà apposta, a pena di nullità, la dicitura: “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi “.
Naturalmente il discorso non si applica agli stranieri, per i documenti di competenza del loro Stato. Per i dati registrati in Italia vale invece lo stesso approccio.
Questo deriva dal fatto che il Pubblico Ufficiale italiano non ha alcuna competenza a chiedere documenti a Stati esteri: se ha bisogno di un’informazione relativa ad un cittadino italiano, deve essere richiesto dov’è conservata, tanto che sia un Ente sul territorio italiano quanto un Consolato italiano all’estero.
Se però uno straniero deve produrre qualcosa che riguarda il suo Stato, starà a lui attivarsi; ad esempio il nulla-osta al matrimonio ai sensi dell’art 116 del Codice Civile deve essere prodotto dall’interessato/a, non richiesto dall’Ufficiale dello Stato Civile.
Anche i privati devono accettare l'autocertificazione
Con il d.L. n.76/2020, convertito con L. n.120/2020, sono state apportate importanti modifiche all'art.2 del d.P.R. n.445/2000, ed è stato introdotto L'OBBLIGO ANCHE PER I PRIVATI DI ACCETTARE L'AUTOCERTIFICAZIONE.
Di conseguenza chiunque potrà richiedere una semplice comunicazione o un accesso telematico ai dati qualora ciò sia richiesto per la verifica delle dichiarazioni sostitutive di certificazione dei cittadini. La richiesta dovrà riportare un esplicito riferimento all'autocertificazione (art. 46 del d.P.R. n.445/2000) e ai successivi controlli previsti dall'art. 71.
Eseguire controlli significa poter avere sia la conferma del dato sia il dato corretto o integrato qualora quanto riportato dal cittadino si riveli errato o incompleto. Naturalmente, come già avviene tra le P.A., si potrà comunque rilasciare un’informativa o un certificato, ricordando però che tale modalità è semplicemente sostitutiva o integrativa della verifica dell’autocertificazione, e deve sempre essere totalmente gratuita.
Dal punto di vista dei controlli sulle autocertificazioni, trovano applicazione anche ai privati le nuove disposizioni introdotte all'art. 71 del d.P.R. n.445/2000, relative ai controlli. Il nuovo comma 1 prevede, infatti, un’attenuazione dell’obbligo di controlli, che ora dev’essere proporzionato “al rischio e all’entità del beneficio”: "Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare controlli idonei anche a campione in misura proporzionale al rischio e all'entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli artt. 46 e 47, anche successivamente all'erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono resi le dichiarazioni.”.